lunedì 25 aprile 2011
sabato 9 aprile 2011
Nebbie di avvezione? No, foschie chimiche!
L’avvezione (dal verbo latino “advehere”, portare verso) è un movimento orizzontale di masse d’aria caldo-umide su regioni molto più fredde: la conseguente condensazione del vapore acqueo negli strati bassi della massa d’aria produce nebbie e piogge di avvezione.
Gli scalcinati ma scaltri meteorologi, avvezzi a mentire ed a raggirare il pubblico, al cospetto delle sempre più frequenti foschie chimiche di ricaduta, sono costretti ad arrovellarsi per spacciare circostanze indotte come fenomeni naturali: ecco allora, oltre alle classiche “innocue velature”, le nebbie di avvezione che, però, si formano solo in concomitanza di un’escursione termica notevole tra zone diverse della biosfera. Dove sono queste sensibili differenze di temperatura tra masse d’aria? Ammettiamo pure che tale situazione possa occorrere al mattino presto, quando i raggi solari riscaldano alcuni strati dell’atmosfera o in caso di forti sbalzi termici ed igrometrici da collegare a variabili meteorologiche di differente natura: è possibile, però, che questi fattori concorrano così spesso a generare caligini di avvezione?
In realtà, sui centri urbani, sulle zone rurali e montane ristagnano, quasi ogni giorno e per tutta la giornata, maleodoranti nebbie che sono la conseguenza diretta e palese delle operazioni chimico-biologiche: la visibilità è ridotta, il cielo è di un celeste pallido, l’aria è irrespirabile e pregna di veleni, la luce solare è appannata.
Tutto ciò non è normale! Eppure lo sdolcinato meteorologo matuziano, curando una rubrica sulle decisioni del tempo all’interno di una rete locale, ha trovato l’impudenza per definire le patine chimiche “nebbie da avvezione” (sic). Nebbie di avvezione? Sì, certamente: solo un cervello e dei sensi annebbiati come quelli del Pelide Achille possono vederle.
Fonte: Enciclopedia delle scienze, Milano, 2005, s.v. avvezione
Gli scalcinati ma scaltri meteorologi, avvezzi a mentire ed a raggirare il pubblico, al cospetto delle sempre più frequenti foschie chimiche di ricaduta, sono costretti ad arrovellarsi per spacciare circostanze indotte come fenomeni naturali: ecco allora, oltre alle classiche “innocue velature”, le nebbie di avvezione che, però, si formano solo in concomitanza di un’escursione termica notevole tra zone diverse della biosfera. Dove sono queste sensibili differenze di temperatura tra masse d’aria? Ammettiamo pure che tale situazione possa occorrere al mattino presto, quando i raggi solari riscaldano alcuni strati dell’atmosfera o in caso di forti sbalzi termici ed igrometrici da collegare a variabili meteorologiche di differente natura: è possibile, però, che questi fattori concorrano così spesso a generare caligini di avvezione?
In realtà, sui centri urbani, sulle zone rurali e montane ristagnano, quasi ogni giorno e per tutta la giornata, maleodoranti nebbie che sono la conseguenza diretta e palese delle operazioni chimico-biologiche: la visibilità è ridotta, il cielo è di un celeste pallido, l’aria è irrespirabile e pregna di veleni, la luce solare è appannata.
Tutto ciò non è normale! Eppure lo sdolcinato meteorologo matuziano, curando una rubrica sulle decisioni del tempo all’interno di una rete locale, ha trovato l’impudenza per definire le patine chimiche “nebbie da avvezione” (sic). Nebbie di avvezione? Sì, certamente: solo un cervello e dei sensi annebbiati come quelli del Pelide Achille possono vederle.
Fonte: Enciclopedia delle scienze, Milano, 2005, s.v. avvezione
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